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Il dibattito sui potenziali effetti sulla salute dovuti all’esposizione ai campi elettromagnetici non ionizzanti è sempre più acceso, soprattutto negli ultimi anni a seguito della introduzione della tecnologia 5G che porterà a un aumento della velocità e a un’ottimizzazione delle prestazioni di internet nonché a nuove esperienze di connessione per gli utenti.

Per poter sfruttare al meglio la grande quantità di dati sperimentali disponibili nella letteratura scientifica e fornire evidenza dei possibili effetti sulla salute, negli ultimi anni si sta delineando un nuovo approccio che impiega le revisioni sistematiche dei lavori pubblicati che prevedono che prevedono una dettagliata pianificazione delle strategie di ricerca bibliografica, identificazione e analisi dei dati in modo da minimizzare gli errori nella valutazione e sintesi degli studi rispetto a un particolare argomento di ricerca.

In questo ambito il gruppo di lavoro sui campi elettromagnetici a radiofrequenza del Comitato Scientifico per la Salute, l'Ambiente e i Rischi Emergenti della Commissione Europea (SCHEER - Scientific Committee on Health, Environmental and Emerging Risks), a cui ha partecipato in qualità di esperto esterno Olga Zeni primo ricercatore dell’IREA, ha concluso il suo lavoro di valutazione delle evidenze scientifiche sugli effetti dei campi elettromagnetici a radiofrequenza (100 kHz - 300 GHz) emerse dai lavori pubblicati dal 2015 ad oggi.

Sulla base di questa ampia opera di revisione il gruppo di lavoro non ha individuato evidenze di effetti avversi sulla salute derivanti da esposizioni a breve e lungo termine a campi elettromagnetici a radiofrequenza a livelli inferiori ai limiti di esposizione fissati dalla normativa europea.

Lo SCHEER sostiene tuttavia la necessità di una revisione tecnica degli allegati della raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio e della direttiva 2013/35/UE per quanto riguarda i campi elettromagnetici a radiofrequenza poiché è necessario riconoscere le grandezze dosimetriche di recente introduzione e stabilirne i limiti.

Al seguente link è possibile leggere l’Opinione della Scientific Committee on Health, Environmental and Emerging Risks 
 


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5G Napoli
Il dibattito circa l’influenza delle onde elettromagnetiche sulla salute è sempre vivace e controverso e provoca ricorrenti allarmismi nell’opinione pubblica, preoccupata per i presunti rischi derivanti da esposizioni ai campi generati dai sistemi di distribuzione dell’energia elettrica, o dai sistemi per telecomunicazioni (stazioni radio-TV, stazioni radio-base). Recentemente, la diffusione di tecnologie di nuova generazione, come i sistemi 5G, contribuisce ad alimentare questa preoccupazione.
Ma qual è il loro reale impatto sulla salute dell’uomo? Ne ha parlato Olga Zeni, ricercatrice dell’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente (Irea) del Cnr che si occupa da molti anni dello studio delle interazioni tra sistemi biologici e campi elettromagnetici, in una intervista pubblicata sull’ultimo numero dell’Almanacco della Scienza dedicato alla paura.
“La paura associata al 5G”, spiega Olga Zeni, “è comprensibile, ma mal posta, perché le frequenze in gioco sono state in gran parte esplorate nelle tecnologie precedenti (2G, 3G, 4G) e i livelli di potenza associati al 5G sono inferiori a quelli delle precedenti generazioni di telefonia mobile. Insomma: le conoscenze acquisite finora non sono tali da dimostrare effetti dannosi per la salute, fermo restando che gli standard di protezione dagli effetti termici vengano rispettati".
Leggi qui l’articolo completo dal titolo “Campi elettromagnetici: non bisogna temerli” . 
 

 

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