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Un Parco Archeologico Urbano della Città di Napoli per il rilancio culturale ed economico del territorio
Sviluppare conoscenza, tutela, conservazione e valorizzazione del Patrimonio Culturale applicando la “Smart Innovation”: è questo il principale obiettivo di PAUN, un progetto finanziato da un bando competitivo POR e sviluppato dal Distretto ad Alta Tecnologia per i Beni Culturali (DATABENC) grazie al contributo di numerosi partner istituzionali e privati, quali l’Università degli Studi di Salerno, l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, Istituti di ricerca del CNR e numerose aziende con specifiche competenze nel settore delle tecnologie applicate ai Beni Culturali.
Il progetto mira a porre le basi per la realizzazione del Parco Archeologico Urbano della Città di Napoli a partire da un contesto unico al mondo per stratificazione e tipologie di rinvenimenti: l’area di Piazza Municipio che unisce il complesso di Castel Nuovo alla sottostante area archeologica in cui è stato individuato l’antico porto di Napoli risalente al II sec. Dc.
L’applicazione di tecnologie innovative e la loro integrazione con le conoscenze di tipo umanistico contribuiranno a migliorare la fruibilità del patrimonio culturale locale e potenziare l’attrattività turistica del territorio.
Ampio spazio nel progetto è dato anche all’analisi dei rischi a cui sono sottoposti i parchi archeologici in termini di usura delle aree e dei monumenti a causa di agenti ambientali (rischi geologici, idrogeologici e sismici) e antropici, compresi quelli derivanti dalla pressione turistica.
In quest’ambito si inseriscono le attività dei ricercatori dell’IREA che contribuiscono allo studio dello stato di conservazione, alla valutazione dei rischi e all’acquisizione di informazioni utili a pianificare interventi di tutela, conservazione e restauro, attraverso la realizzazione di una rete integrata di sensori per il monitoraggio del patrimonio archeologico, monumentale e ambientale del parco.
Vengono utilizzati sensori in fibra ottica per il monitoraggio della temperatura e delle deformazioni di ambienti e strutture; il telerilevamento satellitare per l’analisi delle deformazioni nelle aree di interesse fino alla scala dei singoli edifici e strutture e sono impiegati radar marini per il monitoraggio e le previsioni delle condizioni meteomarine nell’area del PAUN. Inoltre vengono effettuate analisi non invasive per la caratterizzazione dei manufatti di pregio e il rinvenimento di criticità relative alla conservazione.
I dati provenienti dalle reti di sensori dovranno confluire in un’unica piattaforma software che li renderà fruibili per valutare lo stato strutturale e i rischi a cui sono soggetti i vari elementi per pianificare le priorità degli interventi di salvaguardia e quindi garantire la trasmissione del patrimonio culturale alle generazioni future.
Di questo ha parlato Olga Zeni, ricercatrice dell’IREA e responsabile dell’Obiettivo Realizzativo 3 del progetto PAUN - Sistema di acquisizione dati per diagnostica e conservazione del patrimonio archeologico – in una video intervista pubblicata sul sito del progetto PAUN .
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Terremoto in Croazia: le deformazioni del suolo misurate dallo spazio
L’evento si è verificato lungo una faglia trascorrente destra, nota in letteratura come faglia di Petrinja, ed è stato preceduto da due scosse sismiche di magnitudo 4.7 e 5.2, verificatesi il 28 dicembre. Nelle ore e nei giorni successivi si sono inoltre verificate numerose scosse di assestamento che hanno raggiunto una magnitudo massima di 4.8.
Tramite la tecnica dell’Interferometria Differenziale Radar ad Apertura Sintentica (DInSAR), un team di ricercatori dell’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IREA-CNR) ha studiato il campo di deformazione superficiale indotto dall’evento sismico. In particolare, sono stati utilizzati i dati acquisiti dal satellite europeo Sentinel-1 il 18 e il 30 dicembre 2020 lungo orbita ascendente e il 23 dicembre 2020 e il 4 gennaio 2021 lungo orbita discendente, che hanno permesso di produrre gli interferogrammi mostrati in Figura 1a e 1b. In essi, ogni fascia di colore (frangia) indica uno spostamento del suolo di circa 2.8 centimetri, con una deformazione massima di circa 40 centimetri.
A partire dagli interferogrammi generati, sono state poi derivate le corrispondenti mappe di deformazione (vedi Figura 1c e 1d) tramite appropriate procedure note come phase unwrapping. Nel caso dell’orbita ascendente, la mappa mostra una deformazione caratterizzata da valori negativi fino a un massimo di -32 cm e valori positivi fino a un massimo di 38 cm, che indicano rispettivamente l’aumento e la diminuzione della distanza tra il sensore e il suolo. Nel caso dell’orbita discendente, la mappa mostra una deformazione caratterizzata da valori negativi fino a un massimo di -16 cm e valori positivi fino a un massimo di 29 cm.
Inoltre, combinando le mappe di deformazione ottenute dalle immagini Sentinel-1 ascendenti e discendenti, è stato possibile stimare gli spostamenti, sia per quanto concerne la componente verticale (Figura 1e), sia nella direzione est-ovest (Figura 1f). La mappa di spostamento verticale mostra un’area affetta da una subsidenza massima di -13 cm e da una zona in sollevamento con valori massimi di 19 cm; inoltre, la mappa di spostamento orizzontale mostra spostamenti massimi di 43 cm verso ovest e di 42 cm verso est.
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Uno studio del CNR-IREA evidenzia l’assenza di fenomeni deformativi pre-crollo del ponte Morandi di Genova nelle osservazioni radar satellitari
A seguito del tragico avvenimento, un team di ricercatori dell’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente (IREA, Napoli) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha condotto uno studio approfondito, basato sull’elaborazione di dati radar satellitari, sui possibili movimenti pre-crollo associati all’area interessata dal disastroso evento nell’ambito delle attività svolte in qualità di Centro di Competenza per il Dipartimento di Protezione Civile Italiana per lo studio da satellite dei fenomeni di deformazione del suolo e del costruito. Tale studio ha dimostrato l’assenza di significativi spostamenti precursori del crollo del ponte Morandi, nelle osservazioni radar satellitari, in evidente contrasto con quanto riportato nel lavoro di Milillo et al. (2019) dal titolo “Pre-Collapse Space Geodetic Observations of Critical Infrastructure: The Morandi Bridge, Genoa, Italy”, pubblicato sulla rivista scientifica Remote Sensing, aprendo così nuovi margini di discussione.
“Le caratteristiche di questi sensori, in particolare la risoluzione spaziale molto spinta (pochi m) e la lunghezza d’onda molto corta (circa 3 cm)” aggiunge l’ing. Diego Reale, ricercatore IREA partecipante al team, “hanno consentito di effettuare un’analisi dettagliata delle deformazioni relative ad un’infrastruttura complessa come il ponte Morandi, in termini di densità di punti di misura e di capacità di monitorare nel tempo il comportamento dell’intera struttura, con accuratezze millimetriche”.
“I prodotti delle elaborazioni interferometriche ottenute utilizzando due approcci indipendenti e alternativi, quali la tecnica Small BAseline Subset (SBAS) e la tecnica di Tomografia SAR, hanno mostrato una significativa consistenza e similarità tra loro in termini sia di copertura spaziale sia di entità della deformazione misurata” sottolinea l’ing. Manuela Bonano, altro ricercatore IREA membro del team, “confermando la sostanziale assenza di movimenti superficiali precursori del crollo del ponte Morandi”.
I risultati ottenuti sono stati presentati nel lavoro dal titolo “Comment on “Pre-Collapse Space Geodetic Observations of Critical Infrastructure: The Morandi Bridge, Genoa, Italy”, by Milillo et al. (2019)", pubblicato a Dicembre 2020 sulla stessa rivista scientifica Remote Sensing.
Foto in copertina: LaPresse
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Una delle attività di ricerca irea
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